FAMIGLIA: Laminaceae
NOMI POPOLARI: Cerea, Santorin, Isopu, Serea, Savoreggia, Saturella, Saleia, Ciatura, Sagarzola, Sedulia, Pevarela, Dragon, Savurezzen, Coniella, Timo dritto, Erba acciuga, Savitarella, Erba pepe, Peperna, Timu ad arvuliddu, Santaredda.
DESCRIZIONE BOTANICA
Portamento: pianta erbacea annuale dal forte profumo aromatico. Il suo fusto può raggiungere un’altezza di 20-30 cm, cespuglioso in quanto composto da numerosi rami.
Foglie: opposte a due a due, lanceolato-lineari con un piccolo picciolo e margine intero. In particolare nella pagina inferiore sono caratterizzate da una fitta tomentosità.
Fiori: riuniti in gruppi da 2-6 a livello dell’ascella fogliare delle foglie superiori. Il calice è di forma campanulata e termina con 5 denti. La corolla è di colore bianco o bianco-rosa, sporge appena dal calice e si divide in 2 labbra: il labbro superiore è intero e poco inciso, mentre quello inferiore è trilobato.
Frutto: è composto da 4 acheni ovali-arrotondati con la superficie caratterizzata da piccole granulosità.
ETIMOLOGIA
DEL NOME/STORIA E TRADIZIONI:
Il nome “Satureja” ha un’etimologia incerta, forse da “séro”
che significa “seminare” o da “satum” che significa
“seminato”, oppure dal greco “sàturos” ovvero “satiro” o
ancora dall’arabo “s’àtar” e infine da “saturejum”
ovvero “salsa, mescolanza di ingredienti”. Mentre l’epitelio
“montana” deriva da “mons montis” ovvero “dei montim
montano” in riferimento all’orizzonte di crescita che è sui
1000-1400 metri s.l.m. Per questo viene anche chiamata “Santoreggia
montana”.
NOTE:
Curiosità:
nell’antichità le veniva indicata come erba afrodisiaca in quanto
si riteneva potesse togliere ogni freno inibitorio, sia agli uomini
che alle donne. Era nota infatti come “erba del satiro”, figura
mitologica metà uomo e metà capra a cui era attribuito un
insaziabile appetito sessuale. Per questo motivo la semina e la
coltivazione della santoreggia era vietata nei monasteri.
PARTE UTILIZZATA: Sommità fiori e foglie
COME
SI USA IN COSMETICA:
pediluvi o bagni con le sommità di Santoreggia svolgono un’azione
tonificante, stimolante e deodorante. L’infuso utilizzato sul cuoio
capelluto, con un buon massaggio, migliora le condizioni del bulbo
pilifero.
COME
SI USA IN CUCINA:
la Santoreggia viene utilizzata come erba aromatica in varie ricette
in cucina per aromatizzare diversi piatti, infatti è molto gustosa,
un po’ pepata e dal retrogusto leggermente affumicato.
L'associazione Santoreggia e fagioli sono una combo vincente in
cucina. Inoltre si consiglia di piantare la Santoreggia vicino alle
piante di fagioli in quanto essa è in grado di allontanare in modo
naturale le afidi che potrebbero danneggiare il raccolto.
PRINCIPALI COMPONENTI
Olio essenziale: carvacrolo, p-cimene, timolo, terpinene (la composizione può variare in base al periodo di raccolta)
Derivati dell’acido idrossicinnamico (acido rosmarinico)
Flavonoidi - Tannini - Triterpeni e steroli
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PROPRIETA’ SALUTISTICHE PRINCIPALI
Antisettica (Purifica le vie urinarie e le vie respiratorie)
Digestiva
FORME IN CUI SI UTILIZZA
Infuso: 2-3 g di Santoreggia in 250 ml di acqua bollente. Filtrare e bere.
Polvere: 100-200 mg per capsula.
Soluzione Idroalcolica (Tintura Madre): 30 gocce diluite in mezzo bicchiere d’acqua, 1-3 volte al giorno (dopo i pasti).
RIMEDIO NATURALE PER:
Viene indicata come coadiuvante nelle infezioni genito-urinarie (cistite, candida e prostatite)
Digestione lenta
CONTROINDICAZIONI: La letteratura non riporta effetti tossici alle dosi indicate, fatta eccezione di particolare sensibilità individuale alla pianta. L’olio essenziale non va utilizzato puro.
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